I corti - LA FAMIGLIA
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- Pubblicato Martedì, 21 Luglio 2020 19:12
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LA FAMIGLIA
Minkia che figa! C’ha uno stacco coscia che mica ce la faccio con il fiato! Pure bionda tinta. Chissà se si depila. Pensa la libidine a pelo corto! Devo smettere di venire in questa palestra, c’è troppa gnocca. Devo pompare troppo per calmarmi. Non ce la faccio proprio di fisico, né di fiato né di muscoli. Però non ha l’anello, non è sposata. Ma figurati se me la dà a me. Capace se la tira come la corda di un arco.
- Ciao, io sono Cristina
- Ciao anche a te, io sono Chiara
- Quanto c’hai con codesta panca?
- Poco, mi manca due serie da dieci
- Allora t’aspetto
- Ti ghiacci
- Macché! Sono a bollore: due minuti mi servono comunque per il fiato
Cristina un cazzo: stragalattica! Stracristinacristo!
L’ho baciata, cazzo! Sapeva di sprizzi ma soprattutto di fresco. Mi ci è stata alla grande. E c’avevo fatto tutti ‘sti problemi! La amo da morire. Cristina… come Cristo, divina come lui… Cristina… Cri… amore mio!!!
Sono passati vent’anni e ora abbiamo due figli. L’orfano di un amico. Schiattati tutti e due su una curva di Alessandria. E la sua sorellina somala. Il fatto è che Cristina se n’è uscita un giorno e dice: “a me mi piaci tanto, ti amo da morire ma vorrei dei figli come una famiglia”. A me mi fanno cacare i bambini, lontani lontani sono anche carini che giocano nel parco dove ci siamo scambiati baci, carezze, amori con Cristina. Fanno lo scivolo, l’altalena, hanno i cagnolini. Ecco, se un bambino fosse un cagnolino sarebbe proprio bellino. Ma poi crescono e rompono i coglioni come un martello rompe le noci di cocco. Sono martellanti i bambini
La amo, cazzo!, come una bestia, come un animale. Mi fa venire due, tre volte tutte le volte. Ha un profilo nella luce che mi pare un’opera d’arte, un vaso etrusco, una statua di marmo come il suo seno. Proviamo con questi figlioli.
- Cristina, ho fame, porc@@@
- Che ti va?
- Il gelato alla fragola
La bambina è ancora troppo piccola ma parla come un adulto. In dialetto, cazzo. Negra com’è parla catanese. Il ragazzo è più maturo, comincia a essere parecchio indipendente; sta troppo fuori in giro coi suoi amichetti, tutti da riformatorio. Questa casa non è un albergo. Chissà se va a scuola. In settimana vado a parlare con i maestri. Lo sapevo io che quando crescono fanno girare i coglioni. Anche la bambina lo farà: ora no perché è troppo piccina, le basta un orsettino di peluche e darle da mangiare, poi è tranquilla. Certo, bacini e abbracci fa come quell’altro stronzo del suo fratello: non le bastano mai ma tanto piacciono anche a me, quindi pazienza, va bene così. Si fanno piano piano un’identità e me la faccio anche io.
Chissà se sono ancora quella Chiara della palestra d’una volta!
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