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Didattica in corpore vili - L'attenzione

L’attenzione

 

L’apprendimento richiede almeno due requisiti: attenzione e memoria. Nessuna di queste due cose è un fatto automatico, meccanico o scientifico. Per questo motivo non si può insegnare con la semplice imposizione delle mani e per questo motivo la didattica non è una scienza esatta.

Certamente, una discussione su cosa è la memoria e quali sono le tecniche migliore per attivarla è lunga, complessa e molto tecnica. Basterà qui dire che ciò che chiamiamo “ragionamento” non è altro che il collegamento fra memorie diverse. È in questo senso che dico “collegare il cervello con le mani”: perché anche stendere un semplice cavo per un impianto civile non è una mera operazione di sartoria come svolgere una matassa: richiede un ragionamento basilare in relazione alle misure del cavo, alla sua lunghezza ed al suo diametro. Per fare questo semplice ragionamento bisogna che l’operatore abbia in mente (cioè in memoria) un paio di semplici principi elementari ed eventualmente almeno una o due formule per sviluppare calcoli al volo almeno approssimativi. È questo tipo di memoria, “memoria operativa” se vogliamo, che l’istituto professionale sviluppa e di cui si serve per formare negli studenti le competenze di cui abbisognano.

Per far ciò, ancora una volta, si serve delle didattiche alternative.

Infine, è vero che esiste un apprendimento, che potremmo chiamare “inconscio”, visibile a tutti: s’imparano delle cose nei più svariati modi; dalla conversazione al bar, alla televisione, al cinema, dalle esperienze più semplici alle più complicate azioni professionali. Che si possa imparare in ogni circostanza, anche senza saperlo in un primo momento, anche senza realizzare immediatamente che si è imparato qualcosa e senza neanche sapere cosa, è autoevidente. Il dato esperienziale dell’apprendimento è talmente ovvio che si è constata l’esistenza di almeno tre tipi di circostanze di apprendimento: formale, informale e non-formale.

L’apprendimento formale è quello che si realizza a scuola, cioè in un luogo deputato alle pratiche didattiche e la cui finalità e sviluppo sono orientati all’apprendimento intenzionale.

L’apprendimento informale è quello che si realizza in luoghi non specificamente dedicati all’apprendimento: è di questo tipo, ad esempio, lo stage aziendale o il tirocinio ma anche i corsi specifici che organizzano le aziende (conferenze, convegni, workshop, corsi di aggiornamento). È in questo “apprendimento informale” che ha il suo senso e la sua ratio la tanto vituperata e depauperata alternanza scuola-lavoro. Nell’apprendimento informale è ancora presente l’intenzionalità di imparare.

L’apprendimento non-formale, infine, realizza quello che ho chiamato “apprendimento inconscio”: s’impara qualcosa nelle circostanze più svariate che nulla hanno a che fare con i luoghi o l’intenzione di imparare (al cinema, al bar, in conversazione o, genericamente, in ogni rapporto con gli altri).

L’istituto professionale sviluppa tutti questi tre tipi di apprendimento grazie alla cura che pone verso i propri studenti, ai loro tempi di attenzione ed al benessere che ad essi è collegato.

I tempi di attenzione sono una caratteristica generazionale: fino alla generazione successiva alla mia, cioè fino ai genitori degli attuali studenti, i tempi di attenzione medi si attestavano sui 45/50 minuti. La generazione attuale mantiene, invece, un tempo di attenzione medio di 15/20 minuti. Per questo motivo le “ore” di lezione non hanno più motivo di esistere così come erano pensate ab origine.

Per di più, l’attenzione scaturisce dall’interesse e quest’ultimo direttamente dal benessere. Come anche la piramide di Maslow mostra, un popolo affamato non fa rivoluzioni ma solo rivolte: cioè, lo studente che è in stato di bisogno o disagio psicofisico non potrà mai essere interessato ad imparare alcunché oltre le proprie necessità.

È con le didattiche alternative, “laboratoriali” ed “in laboratorio”, che l’istituto professionale pone attenzione e dà risposte, prendendosene cura, ai bisogni dei propri studenti al fine di suscitare in loro quell’interesse che, solo, sviluppa l’attenzione sulla quale si struttura la memoria e, alla fine, competenza e consapevolezza.