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La mia interpretazione di Masterpiece - Caritas

 

Ciao Ale,

 

amico come c'erano solo ai tempi di Catullo” (Quasimodo). Se ben ricordo – trecentosessantacinque giorni all'alba – questa gente l'hai conosciuta anche te.

 

Ricordo le lettere che mi scrivevi dalla Cecchignola, una caserma romana se la memoria ancestrale dei miei vent'anni non m'inganna, narrandomi le tue esperienze militari che non erano esperienze militari ma familiari – nel momento in cui facevi il militare i tuoi genitori si separarono.

 

E ricordo anche quello che dicesti a mia mamma quando sono partito militare io; lei si preoccupava che io patissi la fame e tu le dicesti: “Sta' tranquilla che finché ci saranno le locuste su questa terra, da mangiare il tuo figliolo lo trova!”.

 

Ma nel mio anno di militare non solo non m'è mancato niente, ma il mangiare sopra di tutto – e il bere – era un sogno. (Nel senso che ora, con la produzione di cibo seriale, ci si sogna come si mangia, quant'è buona la roba cavata dalla terra vera o allevata nella stalla. Polli, coniglioli, bovi: non mancava la carne né la verdura dell'orto grande.)

 

Perché io, davvero, non ho fatto il militare ma il servizio civile in una comunità per oligofrenici di Don Orione. Li hai conosciuti anche tu – erano matti pericolosi solo per sé.

 

Come stabilito nelle istruzioni che il distretto mi aveva mandato, nel caso di impossibilità di raggiungere il luogo di destinazione occorreva recarsi alla più vicina caserma dei carabinieri: e siccome non c'era un autobus che mi portasse da Massa Marittima a destinazione andai dai carabinieri e furono loro a portarmi. C'è chi arriva con la macchina propria, chi col taxi, chi coi mezzi pubblici: a me mi portò la macchina dei carabinieri!

 

Gli ospiti erano disadattati. Pazzi. C'era uno che si pigliava due pasticche di serenase al giorno – roba che se lo fai tu vai in coma dopo le prime ventiquattrore!! Però ci sono stato bene: è una grande umanità!

 

Ti ricordi cosa mi dicesti – e m'ha salvato la vita fino ad adesso – quando mi trovasti in camera mia con la corda di canapa in mano che stavo cercando di assicurarla alla finestra per impiccarmici? Mi dicesti: “Io ho visto e vissuto con persone con grandi forme di disabilità, sulla sedia a rotelle, che non potevano articolare i movimenti delle mani e delle dita, ho visto queste persone che soffrivano parecchio perché il loro cervello era funzionante e razionale, capivano assolutamente la loro condizione: eppure, nessuno di loro ha mai espresso il desiderio o la voglia di morire! E vuoi farlo tu, che hai tutti gli organi funzionanti?”

 

Mi sentii una merda!

 

Ma avevi ragione. E così, quando sono andato a fare il servizio civile alla comunità di Don Orione, quella gente che tu avevi già visto – ma a me avevi solo citato, cioè, io ne avevo finallora solo sentito parlare da te – quella gente ho cominciato a vederla anche io.

 

Sono forse “invisibili” ma chiunque voglia vederli li può vedere in tutte le città – specie adesso con la crisi economica.

 

A quell'epoca li avevi visti solo tu. (Sei un artisti visivo di pittura e scultura e quindi hai sempre avuto la vista più allenata di me, hai sempre visto molto oltre pur senza guardare.)

 

 

 

Dormire in macchina non è un problema per dormire: è un problema quando ti svegli. Perché ti serve un cesso per i bisogni corporali e per lavarti. Ed è esattamente questo che tu mi hai offerto la prima volta che ho dormito in strada: sono venuto al tuo distributore di benzina alle sette di mattina e tu mi hai accolto – mi hai dato la chiave del cesso! (Te lo ricordi?)

 

Poi mi sono sistemato qui alla caritas, con questi amici che hanno condizioni simile alla mia: senza denaro, senza lavoro, senza futuro. E che, però, hanno tutti gli organi funzionanti!

 

Amici mai visti prima e di raro visti dopo ma, come nel militare, coi quali mi fa amici la stessa condizione sociale ed economica; ci fa amici il dormire insieme non per scelta ma per bisogno.

 

Fra questi amici, tre su sette sono nati e vissuti qui – uno viene anche da una condizione socioeconomica invidiabile.

 

Ma anche il negro ghanese con il quale parlo inglese è mio amico anche se adesso è sparito perché andava a Napoli: “Good Luck!!”, gli ho detto quando l'ho accompagnato con la macchina alla stazione a prendere il treno.

 

Questa cosa qui – dormire alla caritas, mangiare alla mensa dei poveri – è quella che i telegiornali chiamano crisi economica.

 

Questi amici non parlano volentieri delle loro storie – per questo sono “invisibili”. Perché si vergognano della loro condizione di vita attuale.

 

Ale, io non mi vergogno d'essere povero e sai perché? Perché alla fine, come dicesti tu quando mi trovasti con la corda al collo, ho tutti gli organi funzionanti!!!