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poesia italiana e varia letteratura a cura di Conversazione0

Temi di scuola - Tema 3

 


 


TEMA 3

Scrivi un racconto/una novella in cui la narrazione sia condotta in prima persona dal punto di vista di un oggetto inanimato (es. un cellulare, uno specchio, ecc.). Che cosa racconterebbe se avesse il dono della parola?

 

 

 

No, non ti dirò il mio nome né quando sono nato. Non ti dirò niente perché troppe serate avrei da raccontare, troppe parole servirebbero e troppe storie da raccontarne in eterno come in un libro di cui ho sentito parlare, le cui molte storie ho sentito dire: si chiama “Le mille e una notte”. Qui hanno vissuto e qui anche qualcuno è morto qualche volta. Ho visto tutte queste vite, qualche morte: molte gioie, qualche dolore. Insetti e animaletti m’hanno camminato addosso, qualcuna in agguato: ragni, un geco che ha imperversato per anni ma non sono mai stato un nido. Dopo molto tempo che c’ero ho compreso che un “nido” era qualcosa di cui facevo parte ma tanto più grande di me da essermi incomprensibile.

C’era un caminetto, qui in fondo sulla destra, e l’ho visto ardere gioioso, sempre acceso, sempre dirompente e, a quel calduccio, anche io stavo bene. Ridevano tanto. E fumavano sigari, pipe: bevevano brandy. Parlavano sottovoce: raccontavano. Ho pensato spesso e a lungo di aver vissuto in un luogo intimo, vivo.

Poi, il caminetto ha cominciato ad essere sempre più spento e a un certo punto è morto. Anche a me cominciava a mancare un po’ di colore e del suo calore. Non parlava più nessuno sottovoce, tutti urlavano come fossero una folla anche se erano solo due: voci una sull’altra, non si capiva più niente, parole accavallate, gridate. Parole che non raccontavano più niente, non si capiva più niente. Anche loro perdevano lucentezza, splendore, brillantezza.

Certo, c’era sempre il sole. Tutti i giorni lume, tutti i giorni ingrigiva e poi dopo luceva. All’inizio ci facevo poco caso perché era sempre pieno di gente, di cose, di parole. Per molti anni dopo, però, è rimasto solo quel lucore che grigiva e la notte che luceva. E freddo.

Però non è vero che è stato sempre più freddo. A un certo punto si è stabilizzato, non è raffreddato più. Forse perché non c’era più nulla da raffreddare, forse solo perché le variazioni di temperatura non sono altro che sensazioni e quindi fallaci, irreali, temporanee. Insomma, io non so davvero perché ma non ha poi mai fatto più di tanto freddo.

Ma c’è una cosa che non ho mai capito bene, credo che lo chiamassero “tempo”. Sembra sia una cosa che passava ma senza movimento. Oh!, passare ne ho viste di cose, parole, persone, bestie. Per quanto capisco anche emozioni. Ma non ho mai capito bene questa cosa del tempo. So bene, però, che era qualcosa che in qualche modo mi riguardava: qualcuno diceva “questo non dura”, qualche altro invece pensava “questo è eterno” e “questo” ero io. Ho capito che il tempo è qualcosa come una “durata” e quanto ero buono, bello era un fatto di durata e quindi di tempo. Ma se dovessi dire che c’ho capito qualcosa direi il falso.

Mi hanno sparso addosso del colore, parecchie volte, e mi piaceva perché era come respirare nuova aria, nuova vita – almeno per un po’. Ma, personalmente, non è che ci tenessi granché: non mi è mai importato molto del colore. Mi faceva stare bene, è vero, ma c’erano cose che mi facevano star meglio: il tepore, le persone, le parole. Molto meglio.

Piano piano ho cominciato a perder pezzi. Non saprei indicare un giorno preciso, un momento. Perché chi può dire quando comincia a invecchiare? Quando ne vediamo i segni l’invecchiamento è iniziato. Ho il sospetto che anche quello, l’invecchiamento, fosse una questione di tempo ma che cosa avesse a che fare l’invecchiare con la durata ancora non mi è chiaro. Ho il sospetto che invecchiare significhi qualcosa come “durare poco” oppure “aver durato tanto”. Passato e futuro, tutta roba di tempo che non capisco quasi per niente.

Perdo pezzi ma ho sentito dire che si possono reintegrare. Per ora sto qui al freddo, al silenzio, da solo senza alcuni pezzi, altri frammenti grondanti.

Non ti dirò il mio nome, perché non lo so, né quando sono nato, perché non lo so – il tempo non lo capisco. Ma ho sentito due che dicevano di me l’altro giorno: “questo è un muro scialbato di una vecchia casa colonica; quanto vuoi che duri?”

Intanto, quello che posso dire è che sono durato più di te, stronzo!